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La torre del diavolo


Si tratta della torre del Castello dei Conti Guidi di Poppi, nella provincia di Arezzo resa famosa nei secoli per la sua bellezza e per le storie di fantasmi che oggi fanno parte del folklore locale.

Non è un caso se viene rinominata da tutti "Torre del diavolo". Il nome deriva dalla storia della sua protagonista, una meravigliosa nobildonna amante della vita e dei piaceri della carne che venne punita in modo atroce.


Si chiamava Matelda ma tutti l'avevano soprannominata Telda. Per un accordo di tipo economico dovette sposare un uomo molto più anziano di lei, ovviamente in quel matrimonio non c'era traccia d'amore ma solo un accordo tra famiglie. Per questo motivo Telda approfittava di ogni momento di assenza del marito per concedersi giorni di pura passione.

Riuscì ad ottenere la compagnia maschile in un modo molto ingegnoso, richiedendo dei menestrelli per allietare le sue serate, cavalieri per informarla della situazione ai confini dei possedimenti, messaggeri che portassero lettere a suo marito, sarti che le cucissero i migliori vestiti, artigiani e commercianti che le fornissero il meglio di ogni cosa che avesse voglia. Però non poteva in nessun modo essere scoperta, sapeva benissimo che se fosse successo, la sua vita sarebbe finita.

Dunque, dopo ogni notte d'amore, per non lasciare traccia dei suoi adulteri, giustiziava il malcapitato amante di turno.

Le brutali uccisioni avvenivano tramite un pozzo armato di lame taglienti nel quale gli uomini venivano scaraventati con l'inganno.

All'alba Matelda invitava l'amante ad uscire dal castello tramite un passaggio dei sotterranei dicendogli che era un'uscita segreta et voilà, finivano dritti nel pozzo!

Si racconta che la sua fame era tanta da spingerla a far sparire nel tempo tutto i più bei giovani dei dintorni. Non ci volle molto prima che si iniziasse a sospettare di lei. Il popolo si radunò e assediò il castello murando viva la nobildonna all'interno della torre dove venne lasciata morire di fame e di sete.

Una morte tanto orribile da spingere il suo spettro ad aggirarsi per il castello.



C'e chi giura di averne percepito la presenza nel cuore della notte, di vederla affacciata dalla finestra vestita di bianco e con un viso ancora bellissimo.

C'è anche chi sostiene di avvertire una voce flebile e provocante e di sentire soffi sul collo in grado di procurare brividi di freddo e di piacere.



Ma le leggende che riguardano questo castello non sono finite.


Un'altra storia agghiacciante è quella di Guido detto il "Bevisangue", così chiamato perché era solito leccare la lama sporca del sangue dei nemici dopo le battaglie. I nemici uccisi venivano sepolti all'interno delle mura del castello, cosa che fece sviluppare un ulteriore fascino sinistro.


Si narra anche di Grifo, un menestrello che raccontó una storia divertente alla corte dei Guidi dicendo di essersi imbattuto in una statua animata, quella di Simone da Battifolle. Così uno dei Conti, per prendersi gioco di lui, si travestì con quell'armatura provocando un grande spavento al menestrello che cadde a terra. Questi venne ritenuto morto e posto in una cassa nei sotterranei. Però tre giorni dopo due anziane signore svennero alla vista del non morto mentre usciva dalla propria bara. I conti lo aiutarono a riprendersi e lo tennero alla propria corte, al sicuro e da allora venne soprannominato "Morto resuscitato".


Una curiosità che impreziosisce la storia del castello è legata a Dante Alighieri, il quale vi soggiornó negli anni tra il 1307 e il 1311 e tradizione vuole che proprio qui abbia composto il XXXIII canto dell'Inferno della Divina Commedia.




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